Il racconto dell’estate al campeggio San Frediano
Storie da ospiti e operatori
Photo Credits: Alessandro Sinisi
Il Campeggio San Frediano è veramente una risorsa speciale per Fondazione e siamo molto grati a don Danilo Cubattoli e a Ghita Vogel, sua storica collaboratrice, che ce lo hanno voluto donare 11 anni fa. Conservarne il valore e la bellezza è adesso responsabilità di tutta la Fondazione, grazie anche all’aiuto di tanti sostenitori che ne capiscono l’importanza.
Quest’estate, il campeggio ha accolto oltre 350 persone provenienti da diverse realtà e con storie che vorremmo condividere con voi.
C’è Ali, un giovane di 22 anni proveniente dal Pakistan. La sua storia è una testimonianza di resilienza, avendo affrontato anni di viaggi pericolosi, soprusi, torture e fame. Accolto a Casa Stenone dopo un complicato intervento per rimuovere un carcinoma, Ali ha imparato a camminare con l’aiuto di stampelle. Il mare, fin dal suo arrivo, è diventato la sua palestra di fisioterapia, con lunghe nuotate mattutine e pomeridiane per rafforzare la muscolatura della gamba e migliorare la sua stabilità. Ali ha condiviso il suo pensiero sulla sua esperienza di campeggio:
“mi è piaciuta molto l’atmosfera qui. Ho scherzato molto con loro e mi sono divertito. Queste sono brave persone! se conoscessi meglio la lingua, sarebbe stato ancora più divertente”.
Adel, originario della Tunisia, è un altro ospite di Casa Stenone. Questa struttura garantisce continuità assistenziale alle persone senza dimora dopo il loro ricovero ospedaliero, fornendo terapie e supporto. Adel si è rivolto agli operatori con gratitudine:
“mi rendo conto che vi siete stancati, ma siete riusciti a nascondere la vostra stanchezza e avete trasmesso ad ognuno di noi allegria. Grazie soprattutto perché voi mi accettate come sono”.
Ma al Campeggio San Frediano, la diversità è stata la chiave. Da giugno a metà settembre, oltre agli ospiti di Casa Stenone, tantissime persone provenienti da accoglienze diverse hanno condiviso un periodo di vacanza, divertimento e rafforzamento delle relazioni. Questo luogo ha favorito la conoscenza reciproca, e la costruzione di fiducia tra ospiti e operatori, e tra ospiti stessi: bambini e ragazzi dai centri diurni per minori, profughi ucraini di tutte le età, il “piccolo mondo” di Casa San Paolino (donne, bambini, uomini senza dimora e persone anziane), giovanissimi dei gruppi appartamento, tra cui molti minori stranieri non accompagnati, e profughi provenienti da diverse parti del mondo, inclusi gli afghani con le loro famiglie, hanno trovato un’oasi di pace.
Il Campeggio San Frediano non è solo un luogo fisico ma un simbolo di speranza e di comunità. Questa estate ha dimostrato ancora una volta quanto sia importante il suo ruolo nel tessuto sociale, offrendo a chiunque lo attraversi l’opportunità di condividere esperienze e imparare dagli altri.